sabato 28 dicembre 2013

IL VANGELO DELLA DOMENICA

Dal Vangelo secondo Matteo 1,13-23

Fuga in Egitto e strage degli innocenti        

[13]Essi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, e resta là finché non ti avvertirò, perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo».         

[14]Giuseppe, destatosi, prese con sé il bambino e sua madre nella notte e fuggì in Egitto, [15]dove rimase fino alla morte di Erode, perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:
Dall'Egitto ho chiamato il mio figlio.
[16]Erode, accortosi che i Magi si erano presi gioco di lui, s'infuriò e mandò ad uccidere tutti i bambini di Betlemme e del suo territorio dai due anni in giù, corrispondenti al tempo su cui era stato informato dai Magi. [17]Allora si adempì quel che era stato detto per mezzo del profeta Geremia:
[18]Un grido è stato udito in Rama,
un pianto e un lamento grande;
Rachele piange i suoi figli
e non vuole essere consolata, perché non sono più.

Ritorno dall'Egitto e dimora a Nàzaret

[19]Morto Erode, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto [20]e gli disse: «Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e và nel paese d'Israele; perché sono morti coloro che insidiavano la vita del bambino». [21]Egli, alzatosi, prese con sé il bambino e sua madre, ed entrò nel paese d'Israele. [22]Avendo però saputo che era re della Giudea Archelào al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nelle regioni della Galilea [23]e, appena giunto, andò ad abitare in una città chiamata Nazaret, perché si adempisse ciò che era stato detto dai profeti: «Sarà chiamato Nazareno».
 
Commento
La sfida della famiglia - E’ un brano che può aiutare moltissimo la sfida della famiglia. Sfida in cui siamo tutti. Non c’è nessuno che è fuori da questa sfida perché tutti dobbiamo articolare il nostro rapporto con la nostra famiglia, o di origine, o quella che, se ci siamo sposati, abbiamo formato o quella a cui apparteniamo comunque. C’è un rapporto con la realtà della famiglia che è un rapporto con la realtà della vita.

La sfida complicata anche per la famiglia di Gesù - E noi vediamo in questo vangelo che questa sfida comincia in maniera molto complicata pure per il nostro Signore. Il Signore Gesù arriva in una famiglia che vive una serie di tribolazioni, di difficoltà, di problemi. Giuseppe, che è il protagonista attivo di questo testo, è uno che deve affrontare una serie di difficoltà. Prima c’è Erode che vuole cercare il bambino per ucciderlo. Poi deve andare in Egitto, appunto, e poi tornare dall’Egitto quando Erode ha compiuto il suo percorso terreno e quindi ci si è liberati dalla sua minaccia. E via dicendo.

Parametri con cui gestire la sfida delle relazioni familiari - Fondamentalmente di che cosa stiamo parlando. Del fatto che tutti noi nella sfida delle nostre relazioni familiari e nella gestione di queste relazioni, noi abbiamo dei principi, dei parametri. Ecco che parametro appare qui in questo testo.

Giuseppe deve ascoltare un angelo per compiere la sua missione - Giuseppe per poter portare avanti la sua missione deve obbedire ad un angelo che gli parla. L’angelo del signore gli appare in sogno. Lui deve ascoltare le indicazioni di un angelo e questo angelo gli dice delle cose molto serie, molto difficili. Deve andare in Egitto, deve affrontare precarietà, deve affrontare difficoltà. E da lì poi l’angelo gli dirà quando deve tornare. Il testo ha il suo compimento nella sua frase finale, quando, avvertito in sogno, si ritira nella zona della Galilea e va ad abitare in una città chiamata Nazareth, “perché si adempisse ciò che era stato detto dai profeti”. Ovvero sia quello che Giuseppe deve portare avanti è l’obbedienza ad un piano di Dio. Deve compiere una cosa che era stata predetta dai profeti.

Obbedire ad un piano di Dio per compiere le promesse e le profezie - Allora ognuno di noi, di fronte alla propria esistenza, di fronte alla gestione della propria vita, ha la tentazione di fare semplicemente secondo buon senso. Fare semplicemente secondo opportunità e convenienza. Scopriamo una nuova forma di vivere, attraverso il nostro Signore Gesù Cristo, nel mondo, e attraverso la sua famiglia noi vediamo che compare una nuova forma di famiglia. Quella che obbedisce ad un piano, quella che compie promesse, profezie.

Ognuno deve difendere il bambino attraverso l’obbedienza ai piani di Dio - C’è su ciascuno di noi un piano di Dio, e questo piano di Dio va assecondato. E ciascuno di noi deve difendere questo bambino così prezioso. Ognuno di noi deve difendere il Signore Gesù Cristo nella sua vita e deve difendere la presenza di Dio nella sua propria famiglia attraverso l’obbedienza al piano di Dio.

Dio, se ci mettiamo sulla sua strada ci manda angeli - Molto spesso noi crediamo di dover andare avanti improvvisando la nostra vita, facendo le cose un po’ come ci vengono, invece scoprire che Dio, quando ci mettiamo sul suo piano, quando ci mettiamo sulla strada che lui ci sta indicando ci manda angeli. Ora gli angeli parlano a Giuseppe in sogno. Noi possiamo dare tante determinazioni a questa immagine. Certamente un angelo è il nome di un ministero, più che di una persona ben precisa o di un essere soprannaturale ben preciso. γγελος (traslitterazione: ággelos; pronuncia: ánghelos) in greco vuol dire annunziatore. Noi abbiamo angeli. Tutti quanti abbiamo il dono di persone che hanno il compito un pochino di indicarci la volontà di Dio. Ognuno di noi fa riferimento, come cristiano, a qualcuno. Deve fare questo riferimento. Se non stiamo ascoltando un angelo, se non stiamo consegnando un pochino la nostra vita a qualcuno che ci dica, un pochino, come gestirla, normalmente agiamo abbastanza a casaccio.

Ci sono pericoli di cui ci informano i nostri angeli-E normalmente quello che facciamo è che ci esponiamo ad Erode. E’ una minaccia che Giuseppe non conosce. E’ una minaccia di cui Giuseppe non sapeva. E’ un’informazione che gli dà l’angelo. Ci sono pericoli di cui ci informano i nostri angeli. Ci sono cose che noi prendiamo un po’ sottogamba. Noi pensiamo di essere tranquilli, invece abbiamo bisogno di sapienti, di angeli, di guardiani, di persone che ci facciano il servizio di dirci un pochino come proteggere la nostra vita.

I cristiani sono chiamati ad essere gli angeli per questa generazione - Questo un pochino anche si rovescia come tematica. Noi come cristiani, abbiamo il compito di essere angeli per questa generazione. E un pochino attraverso i nostri gesti, attraverso le nostre scelte, attraverso le nostre parole e la nostra testimonianza, siamo chiamati ad indicare al mondo come difendere Gesù Cristo. In fondo un po’ da se stesso. In fondo un po’ dai regni di questo mondo.

La sfida della famiglia è incompatibile con gli interessi di Erode - Perché la famiglia ha una sfida da affrontare difficile perché è incompatibile la sua preziosa e delicata sfida con le esigenze di Erode. Erode ha delle priorità. Il nostro mondo ha delle priorità che sono fondamentalmente priorità economiche, priorità collegate al potere, priorità collegate ad una gestione e ad una visione del mondo che non è direttamente riferibile alla priorità della vita. Mentre una famiglia ha come priorità la vita. Allora che succede? Erode gestisce, spadroneggia, tante famiglie togliendogli questa priorità. Cosa deve fare Giuseppe? Deve difendere, costi quel che costi questo bimbo. Difendere la vita nascente, difendere la debolezza, la fragilità della vita che sta sbocciando. Ecco.

La missione di Giuseppe e di ognuno di noi- In fondo, un po’ tutti noi abbiamo questa missione. La missione di Giuseppe, la missione di difendere la nostra propria relazione con la vita da Erode. Ogni famiglia ha questa missione. Ma i cristiani sono angeli per questo mondo per indicare parametri, modi di pensare, scelte che non obbediscano ad Erode, ma che gli sappiano sfuggire. Non dobbiamo avere paura di Erode. Dobbiamo avere paura di non ascoltare l’angelo. Il nostro vero problema non è Erode. Il nostro vero problema è compiere le profezie che ci sono su di noi.
Ecco questa sfida che si presenta, la domenica dopo Natale , per ognuno di noi, di compiere la nostra missione di padri, di madri, figli, fratelli, di essere comunque in relazione agli altri secondo il piano di Dio e non secondo il semplice buon senso o le priorità di questo mondo.

 
 

lunedì 23 dicembre 2013

MESSAGGIO DEI NATALE 2013

                            

                            Al Veneratissimo Clero ed a tutto il Popolo Santo di Dio 
                                               Salute ed Apostolica Benedizione.  


         Quante volte abbiamo sentito, perché ci è stato semplicemente ripetuto, che il Santo Natale Cristiano non è un semplice ricordo della nascita del nostro Divin Redentore, ma ci richiama la nostra continua rinascita spirituale. Dai più giovani ai più anziani puntualmente ogni anno si avverte una mancata perseveranza e soprattutto una, si direbbe, assente crescita delle virtù cristiane e di conseguenza nell'amore. Quante occasioni perdute nella notte dei tempi, non solo dai lontani, bensì da coloro che si sentono fieri di essere cristiani e cristiani praticanti. Come è deludente osservare uno studente che non ha alcun compiuto alcun progresso nei suoi studi, ma ancora più deludente è per noi tutti constatare la mancata perseveranza nella grazia e amicizia con Dio e con il prossimo. Il nostro stare fermi è un indietreggiare continuo che crea dei seri problemi alla nostra anima. Il Santo Natale deve recare a tutti gioia, serenità, pace. Non si tratta solamente di formarci un clima idiliaco, poetico, romantico, non si deve costruire fra le nuvole ma nel gaudio del Signore. Per edificare e mantenere l'amicizia Divina bisogna ogni giorno costruire il grande palazzo che ci conduce alla meta, bisogna perseverare nella preghiera perché il Signore ascolti le nostre suppliche, in un mondo pazzo per il demonio, noi tutti cristiani, Clero e Popolo, impariamo ad essere pazzi per Dio. La nostra nascita spirituale preluda continuamente ed immancabilmente alla nostra crescita spirituale. Ecco il nostro Natale, ecco la gioia che deve inondare i nostri cuori per essere certi che l'aiuto del Divin Bambino, del Dio con noi, sia il nostro scudo contro ogni pericolo, la nostra ancora di salvezza. Portiamo a tutti coloro che sono vicino e lontano da noi, portiamo pace, amore e serenità. Cerchiamo di rinascere a nuova vita spirituale, convertiamoci a Cristo per poterlo portare agli altri, ai lontani. Cerchiamo di comprendere che la nostra testimonianza è molto importante, l'esempio e la parola conduca noi tutti ad una rinascita ed una crescita spirituale tale da avvicinarci a Dio sempre più. Il Santo Natale cristiano è dono di se stessi agli altri, ognuno al nostro posto abbiamo una missione da compiere nella nostra breve esistenza. Il Signore bussa alla porta del nostro cuore, spalanchiamo questa porta perché possiamo essere inondati dall'acqua zampillante e limpida che solo Lui ci può dare. Il Signore sia sempre con noi, ci assista e governi e benedica il cammino di un altro anno civile che sta per iniziare. Il nostro augurio più cordiale a tutti voi è essere nel tempo migliori di prima per essere più vicini al Creatore, noi povere creature. Vi ricordiamo tutti nella preghiera, voi ricordate noi povero Vescovo peccatore. Carissimi, la solidità del Natale di nostro Signore Gesù Cristo, il Suo Santo battesimo nel Giordano, la Sua gloriosa Teofania ed il nuovo anno civile vi ricolmino di celesti doni. Questo è il nostro augurio come vostro Pastore che di cuore invia a voi tutti l'Apostolica Benedizione.

Dalla Nostra Cella Metropolitana Primaziale - Vigna di Valle (Roma) - Santo Natale 2013.   + Basilio I   Metropolita Primate della Chiesa Ortodossa in Italia

sabato 21 dicembre 2013

Il VANGELO DELLA DOMENICA


  Vangelo secondo Matteo 1,1-25

I. NASCITA E INFANZIA DI GESU'

Ascendenti di Gesù

[1]Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo. [2]Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli, [3]Giuda generò Fares e Zara da Tamar, Fares generò Esròm, Esròm generò Aram, [4]Aram generò Aminadàb, Aminadàb generò Naassòn, Naassòn generò Salmòn, [5]Salmòn generò Booz da Racab, Booz generò Obed da Rut, Obed generò Iesse, [6]Iesse generò il re Davide.
Davide generò Salomone da quella che era stata la moglie di Urìa, [7]Salomone generò Roboamo, Roboamo generò Abìa, Abìa generò Asàf, [8]Asàf generò Giòsafat, Giòsafat generò Ioram, Ioram generò Ozia, [9]Ozia generò Ioatam, Ioatam generò Acaz, Acaz generò Ezechia, [10]Ezechia generò Manasse, Manasse generò Amos, Amos generò Giosia, [11]Giosia generò Ieconia e i suoi fratelli, al tempo della deportazione in Babilonia.
[12]Dopo la deportazione in Babilonia, Ieconia generò Salatiel, Salatiel generò Zorobabèle, [13]Zorobabèle generò Abiùd, Abiùd generò Elìacim, Elìacim generò Azor, [14]Azor generò Sadoc, Sadoc generò Achim, Achim generò Eliùd, [15]Eliùd generò Eleàzar, Eleàzar generò Mattan, Mattan generò Giacobbe, [16]Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù chiamato Cristo.
[17]La somma di tutte le generazioni, da Abramo a Davide, è così di quattordici; da Davide fino alla deportazione in Babilonia è ancora di quattordici; dalla deportazione in Babilonia a Cristo è, infine, di quattordici.

Giuseppe assume la paternità legale di Gesù

[18]Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. [19]Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto. [20]Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. [21]Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
[22]Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:
[23]Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio
che sarà chiamato Emmanuele,
che significa Dio con noi. [24]Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa, [25]la quale, senza che egli la conoscesse, partorì un figlio, che egli chiamò Gesù.
 
 
   Commento al Vangelo
 
Nella genealogia di Gesù Cristo, Matteo ci ha dato una visione teologica del susseguirsi della generazioni. Ora prosegue questa sua concezione presentando il ruolo e la missione di Giuseppe dal punto di vista di Dio. Giuseppe è un uomo giusto (v.9). Il suo problema non è principalmente la situazione nuova che si è creata con la sua promessa sposa Maria, ma il suo rapporto con questo bambino che sta per nascere e la responsabilità che egli sente verso di lui. Giuseppe è detto giusto perché sintetizza nella sua persona l'atteggiamento dei giusti dell'Antico Testamento e in particolare quello di Abramo (cfr Mt 1,2-21 con Gen 17,19).

La giustizia di Giuseppe non è quella "secondo la legge" che autorizza a ripudiare la propria moglie, ma quella "secondo la fede" che chiede a Giuseppe di accettare in Maria l'opera di Dio e del suo Spirito e gli impedisce di attribuirsi i meriti dell'azione di Dio.

Di sua iniziativa Giuseppe non ritiene di poter prendere con sé una persona che Dio si è riservata. Egli si ritira di fronte a Dio, senza contendere, e rinuncia a diventare lo sposo di Maria e il padre del bambino che sta per nascere; per questo decide di rinviare segretamente Maria alla sua famiglia.

Giuseppe è giusto di una giustizia che scopriremo nel seguito del vangelo, quella che si esprime nell'amore dato senza discriminazioni a chi lo merita e a chi non lo merita (Mt 5,44-48) ed è riassunto nella "regola d'oro": "Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro" (Mt 7,12). L'uomo giusto è misericordioso come Dio è misericordioso.

La crisi di Giuseppe ha lo stesso significato dell'obiezione di Maria in Luca 1,29. Maria era turbata perché non sapeva che cosa significasse il saluto dell'angelo. Giuseppe è incerto perché non sa spiegarsi ciò che è avvenuto in Maria. Maria può chiedere la spiegazione all'angelo, ma Giuseppe non sa a chi rivolgersi; per questo decide di mettersi in disparte aspettando che qualcuno venga a liberarlo dalle sue perplessità.

Matteo mette in rilievo l'identità messianica di Gesù affermando la sua discendenza da Davide, al quale Dio aveva promesso un discendente che avrebbe regnato in eterno sulla casa di Giacobbe (cfr Lc 1,33; 2Sam 7,16). Quindi, secondo la genealogia, Gesù è il discendente di Davide non in virtù di Maria, ma di Giuseppe (v.16). E' per questo che Matteo presenta Giuseppe come destinatario dell'annuncio con il quale gli viene dato l'ordine di prendere Maria con sé e di dare il nome a Gesù. Giuseppe, riconoscendo legalmente Gesù come figlio, lo rende a tutti gli effetti discendente di Davide. Gesù verrà così riconosciuto come figlio di Davide ( Mt 1,1; 9,27; 20,30-31; 21,9; 22,42).

Il nome di Gesù significa "Dio salva". La promessa di salvezza contenuta nel nome di Gesù viene presentata in termini spirituali come salvezza dai peccati (v. 21). Anche per Luca la salvezza portata da Gesù consiste nella remissione dei peccati (Lc 1,17). In queste parole c'è il netto rifiuto di un messianismo terreno: Gesù non è venuto a conquistare il regno d'Israele o a liberare la sua nazione dalla dominazione straniera.

La singolarità dell'apparizione dell'angelo consiste nel fatto che essa avviene in sogno. Matteo forse presenta Giuseppe secondo il modello del patriarca Giuseppe, viceré d'Egitto (Gen 37,5ss). La cosa importante è che l'apparizione dell'angelo chiarisce con sicurezza che la direttiva viene da Dio.

Nel versetto 22 troviamo la prima citazione dell'Antico Testamento. Questa è preceduta dalla formula introduttiva: "Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta". Con questa espressione Matteo vuol darci l'idea del compimento delle intenzioni di Dio contenute nella Scrittura. E' importante notare che attraverso il profeta ha parlato Dio.

Con la citazione di Isaia 7,14 Matteo presenta la generazione di Gesù come un parto verginale.

Gesù quale Emmanuele, Dio con noi, costituisce un motivo centrale del vangelo di Matteo. Questa citazione di Isaia forma un'inclusione con l'ultima frase del vangelo: "Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo" (Mt 28, 20).

Giuseppe, uomo giusto, si desta dal sonno e agisce. L'esecuzione descrive la sua obbedienza. Pur prendendo con sé Maria, egli non la conosce. Il conoscere indica già in Gen 4,1 il rapporto sessuale.

L'imposizione del nome di Gesù ad opera di Giuseppe assicura di fronte alla legge la discendenza davidica del figlio di Maria.
 
   Preghiera
 Signore aiutaci ad accogliere il messaggio di Gesù nella nostra vita come Maria ha accettato col suo Fiat di diventare la Madre del Messia. Fa che diffondiamo intorno a noi con le parole e con la vita che Tu sei L'Amore dal quale tutto proviene e verso  il quale tutto è orientato, cosciente o meno che sia l'uomo. Aiutaci a farci convertire dalla Tua Parola, Unica Parola che può salvare la nostra vita!
 
 

Il VANGELO DELLA DOMENICA

Vangelo secondo Mattei 1,1-25

 

I. NASCITA E INFANZIA DI GESU'

Ascendenti di Gesù

    [1]Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo. [2]Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli, [3]Giuda generò Fares e Zara da Tamar, Fares generò Esròm, Esròm generò Aram, [4]Aram generò Aminadàb, Aminadàb generò Naassòn, Naassòn generò Salmòn, [5]Salmòn generò Booz da Racab, Booz generò Obed da Rut, Obed generò Iesse, [6]Iesse generò il re Davide.
Davide generò Salomone da quella che era stata la moglie di Urìa, [7]Salomone generò Roboamo, Roboamo generò Abìa, Abìa generò Asàf, [8]Asàf generò Giòsafat, Giòsafat generò Ioram, Ioram generò Ozia, [9]Ozia generò Ioatam, Ioatam generò Acaz, Acaz generò Ezechia, [10]Ezechia generò Manasse, Manasse generò Amos, Amos generò Giosia, [11]Giosia generò Ieconia e i suoi fratelli, al tempo della deportazione in Babilonia.
[12]Dopo la deportazione in Babilonia, Ieconia generò Salatiel, Salatiel generò Zorobabèle, [13]Zorobabèle generò Abiùd, Abiùd generò Elìacim, Elìacim generò Azor, [14]Azor generò Sadoc, Sadoc generò Achim, Achim generò Eliùd, [15]Eliùd generò Eleàzar, Eleàzar generò Mattan, Mattan generò Giacobbe, [16]Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù chiamato Cristo.
[17]La somma di tutte le generazioni, da Abramo a Davide, è così di quattordici; da Davide fino alla deportazione in Babilonia è ancora di quattordici; dalla deportazione in Babilonia a Cristo è, infine, di quattordici.

Giuseppe assume la paternità legale di Gesù

[18]Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. [19]Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto. [20]Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. [21]Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
[22]Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:
[23]Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio
che sarà chiamato Emmanuele,
che significa Dio con noi. [24]Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa, [25]la quale, senza che egli la conoscesse, partorì un figlio, che egli chiamò Gesù.
 
    Commento al Vangelo
 
 
 
 

 

Matteo vuole ora parlarci di Gesù e lo fa dopo uno sguardo panoramico a tutta la storia ebraica (1,1-17). È una lunga genealogia con un titolo meraviglioso: “Libro delle origini di Gesù Cristo, figlio di Davide” (1,1). Il suo scopo è chiaro: dimostrare che Gesù, il Messia, è discendente di Davide. Ora, se leggiamo l’intera genealogia sentiremo subito sorgere un problema molto grosso.
Alla fine, infatti, dopo aver ripetuto per 39 volte il verbo “generò”, dice: “Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria dalla quale è stato generato Gesù chiamato “il Cristo”.

Di qui il problema:
Gesù, come può essere il Messia se non discende da Giuseppe al quale si rapporta tutta la genealogia? La catena delle successioni da padre in figlio, che con ritmo monotono continuava per 16 versetti si trova improvvisamente spezzata all’ultimo anello dove non si tratta più del padre ma della Madre dalla quale Gesù è nato. Come può Gesù essere il Messia se non è integrato in questa genealogia?
Ebbene il nostro racconto (1,18-25) mette in evidenza come Giuseppe diventerà capace di inserire Gesù nella sua genealogia davidica, come lo afferma l’inizio del Vangelo: “Libro delle origini di Gesù Cristo, figlio di Davide”. Perché il nostro racconto sia intelligibile dipende molto dalle traduzioni che si danno ad alcuni termini e per questo è necessario che il traduttore faccia buon uso della filologia. Il problema è nei primi due versetti dove ci sono tre termini che esigono una corretta traduzione, anche se si tratta della Bibbia CEI.
Maria e Giuseppe
18 Queste sono le origini di Gesù Cristo. Maria essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. 19 Giuseppe suo sposo, poiché era un uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, decise di ripudiarla in segreto.
Il versetto 18 rimanda senz’altro al 17: Giuseppe, lo sposo di Maria dalla quale è stato generato (per opera dello Spirito Santo), Gesù chiamato il Cristo.

Matteo in questo modo espone un importante atto di fede. Secondo la genealogia Gesù appartiene alla stirpe di Davide, ma è nato da una vergine senza intervento umano. Si annuncia infatti che essendo Maria sua madre sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme “si trovò incinta per opera dello Spirito Santo”. Il “prima che andassero a vivere insieme” dice che il concepimento è avvenuto non da sangue, né da volere di carne, né da volere d’uomo (Gv 1,13).
Il “si trovò” è grammaticalmente esatto e sbalza le traduzioni che dicono “fu trovata incinta”, annullando la domanda oziosa: “Da chi fu trovata incinta?”. Il “si trovò” dice semplicemente la situazione in cui si sentì Maria dopo l’annuncio dell’Angelo (Lc 1,26-28), mentre l’aggiunta “per opera dello Spirito Santo” dice che ci troviamo in un linguaggio di rivelazione.
Qui si rivela che Dio mediante il suo Spirito ha agito in Maria. Si spiega così l’agente dell’espressione “è stato generato di 1,16 e 1,20. Ma se tali sono i fatti, in che modo il Figlio di Maria si aggancia alla stirpe di Davide? Secondo la genealogia “per mezzo di Giuseppe”, un fatto che dev’essere spiegato e lo si farà presto.
Ma prima dobbiamo cercare di capire come Giuseppe venne a sapere che Maria era incinta per opera dello Spirito Santo. Con diversi Padri della Chiesa riteniamo che Giuseppe ha saputo fin dall’inizio che Maria portava in grembo un bambino concepito per opera dello Spirito Santo e che questo l’abbia saputo direttamente da Maria. Perciò egli si sente in situazione di tener conto della presenza dell’azione di Dio e sa che deve prendere le sue decisioni in base a questo dato. Di qui la spiegazione del versetto 19.
Perciò è chiaro che se era “un uomo giusto”, non poteva essere tale secondo la legge; secondo la legge infatti una donna adultera doveva essere denunciata e subire la condanna che a volte era la lapidazione. Perciò l’espressione “non voleva” dice chiaramente che Giuseppe non voleva seguire la legge perché sapeva quello che era avvenuto in Maria.
Per questo prendiamo la parola “giusto” nel senso di rispetto totale della volontà di Dio, un senso che corrisponde anche alla parola “giustizia” nel Vangelo di Matteo. Si pensi a Gesù che vuole compiere fino in fondo “ogni giustizia”, cioè la volontà di Dio (Mt 3,15).
Quindi decise di non accusarla o denunciarla: sono due termini che ricorrono molto nelle traduzioni, ma non sono gli unici. Il verbo greco “deigmatisai” ha pure il significato di “svelare”, “rivelare”. Di qui alcune nuove traduzioni dicono: “Non voleva rivelare il mistero”, cioè capì che non poteva dire in pubblico, quello che Maria gli aveva rivelato in confidenza, doveva conservarlo nel suo cuore come un segreto prezioso.
Ma lui cosa doveva fare? Pieno di timore religioso davanti al mistero, Giuseppe in quel momento non vede nessun’altra via d’uscita se non quella di “ritirarsi segretamente”. Altri traducono di “ripudiarla in segreto” (trad. CEI). Noi traduciamo: “di separarsi in segreto”: pieno di rispetto per Maria nella quale lo Spirito Santo aveva realizzato grandi cose, Giuseppe è pronto a cederla totalmente a Dio.
La missione di Giuseppe
20 Mentre pensava a queste cose, gli apparve in sogno un Angelo del Signore e gli disse: “Giuseppe, figlio di Davide”, non temere di prendere con te Maria tua sposa. Certamente, come già sai, quello che è stato generato in lei è opera dello Spirito Santo. 21 “Essa darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù. Egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati”.
Abbiamo citato le parole dell’Angelo aggiungendo all’inizio: “Certamente come tu sai”. Senza questa aggiunta le traduzioni in corso, compresa quella della CEI, danno l’impressione che Giuseppe solo ora viene a sapere ciò che è avvenuto in Maria, cosa che si oppone all’interpretazione della spiegazione che abbiamo dato, ben fondata nel testo e la sola che ci fa subito capire che Giuseppe sapeva tutto. Comunque è questa sua conoscenza dell’agire di Dio in Maria che, come abbiamo visto, era un ostacolo alla sua coabitazione con Lei. Ma l’Angelo gli toglie subito questo dubbio e gli fa chiaramente conoscere la missione a cui Dio lo chiama. Appunto per precisare questa missione l’Angelo gli dice: “Giuseppe, Figlio di Davide”.
È un titolo fondamentale. Poi gli dice: “Non temere di prendere con te Maria, tua sposa”. Con questo è evidente che Maria di fronte agli altri deve apparire come vera sposa di Giuseppe ed egli come il padre del figlio di Maria a tutti gli effetti. Dio infatti gli cede tutti i diritti di paternità comandandogli di dare il nome al bambino: “Tu lo chiamerai Gesù”, cioè: tu gli farai da padre e lo farai entrare nella discendenza davidica. Per mezzo tuo Gesù sarà colui che porterà a compimento tutte le promesse e “salverà il suo popolo dai suoi peccati”. Giuseppe ora sa che c’è un posto anche per lui accanto a Maria, un posto che non disturba l’agire di Dio in lei.
Ubbidendo compie perfettamente da uomo giusto la volontà di Dio. Ora conosce anche la missione del figlio di Maria e perciò sa che è il Salvatore promesso a Israele suo popolo. Quello che deciderà di fare lo riguarda non soltanto l’essere sposo di Maria, ma lo riguarda anche come membro del popolo. È lui quale discendente di Davide, il detentore delle promesse; è lui che rende Gesù portatore di esse a beneficio di tutto il popolo.
Con questa rivelazione fatta a Giuseppe viene steso un velo sulla vera origine di Gesù. Per ora di fronte alla gente egli sarà conosciuto come figlio di Giuseppe, il carpentiere (Mt 13,55). Lo dice anche l’evangelista Luca (4,23) che conosce la concezione verginale (1,25-38). Eppure parla dei suoi genitori e usa l’espressione “il padre e la Madre di Gesù” (2,33). La rivelazione del mistero della figliolanza divina di Gesù si avrà dopo Pasqua, quando i cristiani, ricevuto il dono dello Spirito Santo, saranno guidati alla piena conoscenza della verità (Gv 16,13) e capiranno il mistero di Gesù servendosi delle Scritture, come ora fa Matteo nei vv. 22-23.
Il compimento di Is 7,14
22 Tutto ciò è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: 23“Ecco una vergine concepirà e darà alla luce un figlio ed essi lo chiameranno Emmanuele” che significa Dio con noi. 24 Quando si destò dal sonno Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’Angelo del Signore e prese con sé la sua sposa: 25 senza che egli la conoscesse, essa diede alla luce un figlio ed egli lo chiamò Gesù.
Tutti i commentatori fanno notare che Matteo modifica la citazione del profeta cambiando il singolare in plurale. Non dice come fa Isaia: “Essa le darà il nome...”, ma dice: “Essi gli daranno il nome Emmanuele”. La maggior parte afferma che questo plurale significherebbe semplicemente “essi”, gli uomini lo chiameranno Emanuele.
È però meglio pensare con La Potterie, Léon Dufour e altri che Matteo mette qui il plurale per implicare anche Giuseppe. Secondo Luca 1,31 è la madre che lo chiamerà Gesù; secondo Matteo 1,25 è Giuseppe che gli dà il nome; secondo Luca 2,21 si dice semplicemente: “gli fu dato il nome Gesù come era stato chiamato dall’Angelo”. D’altra parte come abbiamo già notato in questo passo Matteo si interessa prima di tutto del ruolo e della situazione di Giuseppe. Ed è proprio lui che gli darà il nome Gesù (Matteo 1,25). E così si conclude il racconto: Giuseppe ha compiuto la sua missione: secondo la volontà di Dio egli agisce come sposo di Maria e come padre legittimo del Messia.
La Potterie conclude:
“Leggendo e interpretando questo racconto, non possiamo dimenticare che Matteo si pone direttamente dal punto di vista di Giuseppe e che scrive il racconto per mettere in luce il ruolo eccezionale e la missione di Giuseppe nel mistero dell’Incarnazione”.
Comunque la prospettiva rimane cristologica: Giuseppe è chiamato dall’Angelo: “figlio di Davide” perché proprio grazie a lui, attraverso la sua paternità legale, Gesù sarà integrato nella linea messianica di Abramo e Davide. È il motivo per cui il racconto inizia: “Questa è l’origine di Gesù Messia” (1,18). Sin dall’inizio del suo Vangelo egli dimostra che attraverso la mediazione di Giuseppe, figlio di Davide, Gesù è veramente il Messia di Israele.
Consigli per la predicazione
Uno solo è necessario. Dato che i testi liturgici non rendono possibile una ricca omelia secondo la spiegazione che abbiamo dato, bisogna avere il coraggio di leggere un testo diverso dei vv. 19 e 20 come abbiamo indicato, sicuri che sono ben fondati filologicamente. “Giuseppe che era un uomo giusto non voleva rivelare il mistero (o il segreto) e decise di abbandonarla segretamente”. Non voleva essere giusto secondo la Legge, ma secondo Dio, cioè ricercare in tutto la volontà di Dio. “Abbandonarla”, cioè rifiuta il “ripudio anche segreto”; per lui è sempre la sua sposa, solo che non voleva essere di ostacolo all’agire di Dio. Egli non sapeva qual era il suo posto accanto a lei e perciò decise di andarsene.
Il versetto 20: di per sé la traduzione è esatta, ma se lasciata così l’inesperto pensa che solo ora Giuseppe viene a sapere quello che è avvenuto in Maria; perciò in accordo con la spiegazione data qui si deve aggiungere qualcosa e leggere: “Non temere di prendere con te Maria tua sposa; certamente come tu sai quello che è avvenuto in lei è opera dello Spirito Santo”. Con queste precisazioni il testo offre abbondanza di materiale per la predicazione.
Si parli delle relazioni Giuseppe-Maria, di una giustizia secondo la legge e una giustizia secondo Dio. E soprattutto si sottolinei l’ubbidienza di Giuseppe che, con l’aiuto di Dio, vince i suoi dubbi e si dica qualcosa sulla sua “eccezionale vocazione”. Come Dio ha affidato a Maria la vocazione di essere Madre, così affida a lui la vocazione di fare da Padre a Gesù. Davanti alla gente Gesù doveva apparire come Figlio di Giuseppe e di Maria. Si pensi a quella frase di San Paolo: “non considerò un tesoro geloso l’essere uguale a Dio, spogliò se stesso” e volle apparire uguale in tutto a noi. La sua divinità risplenderà dopo Pasqua. Pensiamo che ce ne sia a sufficienza.
Preghiamo
O San Giuseppe, che bella immagine ci lasci di te in questa pagina di Vangelo.
Aiutaci a imitarti come uomo giusto e fa’ che la ricerca della volontà di Dio ci guidi sempre nella vita.
E fa’ pure che abbiamo sempre il coraggio di dire “sì” a Dio.
In questo tu hai imitato Maria e hai ricevuto una missione eccezionale, quella di fare da padre a suo figlio.
Anche i tuoi dubbi sono per noi un aiuto. Tu li hai vissuti con angoscia ma poi li hai superati con l’aiuto di Dio.
Fa’, o Giuseppe che nei nostri dubbi rimaniamo sempre aperti al volere di Dio e allora sì che riusciremo a vivere bene la nostra esistenza cristiana e a vedere Gesù come l’unico che dà senso alla nostra vita. Amen!


                                                      
D. Mario GalizzSDB
 

sabato 14 dicembre 2013

IL VANGELO DELLA DOMENICA

Domenica 28-esima dopo la Pentecoste

Luca 14,16-24:

[16]In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli : «Un uomo diede una grande cena e fece molti inviti. [17]All'ora della cena, mandò il suo servo a dire agli invitati: Venite, è pronto. [18]Ma tutti, all'unanimità, cominciarono a scusarsi. Il primo disse: Ho comprato un campo e devo andare a vederlo; ti prego, considerami giustificato. [19]Un altro disse: Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli; ti prego, considerami giustificato. [20]Un altro disse: Ho preso moglie e perciò non posso venire. [21]Al suo ritorno il servo riferì tutto questo al padrone. Allora il padrone di casa, irritato, disse al servo: Esci subito per le piazze e per le vie della città e conduci qui poveri, storpi, ciechi e zoppi. [22]Il servo disse: Signore, è stato fatto come hai ordinato, ma c'è ancora posto. [23]Il padrone allora disse al servo: Esci per le strade e lungo le siepi, spingili a entrare, perché la mia casa si riempia. [24]Perché vi dico: Nessuno di quegli uomini che erano stati invitati assaggerà la mia cena».


   Commento

Il discorso ritorna ancora una volta sulla "beatitudine", che è l'aspirazione fondamentale dell'uomo. Gesù ha dichiarato "beato" chi fa il bene senza ricompense terrene, perché avrà una ricompensa più grande nella vita futura. La beatitudine consiste nel prendere parte al regno di Dio, immaginato come un banchetto.

La risposta di Gesù a uno dei commensali viene espressa attraverso una parabola. Un uomo imbandisce una grande cena e chiama gli invitati attraverso "il suo servo". E cominciano subito le amare sorprese. Gli invitati non accolgono l'invito per motivi banali: l'acquisto di un campo, la compera di un paio di buoi, la moglie.

In questo brano di vangelo si dice perché Dio sceglie gli ultimi: perché i primi rifiutano. Qui si espongono le cause del rifiuto: il possesso, il commercio e il piacere.

Quest'uomo che fa la cena e chiama tutti a parteciparvi è il Signore che vuole che tutti gli uomini siano salvati (1Tm 2,4). Nella Bibbia la cena è immagine ricorrente della salvezza che Dio offre a tutti i popoli (Is 25,6ss; Pr 9,1-6). Il servo, nominato cinque volte, è Gesù che si è fatto servo per amore del Padre e dei fratelli. L'ora della cena è la venuta di Gesù che coincide con il banchetto nuziale (cfr Lc 5,33-34) promesso dall'Antico Testamento.

Il rifiuto degli invitati è totale: "Ma tutti, all'unanimità, cominciarono a scusarsi" (v.18).

Il primo motivo del rifiuto è il possesso, l'accumulo dei beni. Ognuno va verso l'oggetto del suo desiderio, ognuno è fatalmente attirato verso il suo tesoro. Gesù insegna: "Dov'è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore" (Lc 12,34). E ancora: "Il seme caduto in mezzo alle spine sono coloro che, dopo aver ascoltato, strada facendo si lasciano sopraffare dalle preoccupazioni, dalla ricchezza e dai piaceri della vita e non giungono a maturazione" (Lc 8,14). Il ricco è fatalmente alienato nelle cose che ha.

Il secondo motivo del rifiuto è il commercio. Il suo movente non è lo scambio dei beni necessari, ma quel di più, il plusvalore, che costituisce il guadagno, anima del commercio. La cosa comprata o venduta non interessa in sé, ma solo in quanto occasione di guadagno. Si vendono anche le cose più inutili, più nocive, più disoneste; si vendono uomini, donne, bambini; si vende Cristo (cfr Lc 22,4-6) pur di guadagnare. Il commerciante di questa parabola sa valutare i propri interessi materiali, ma non i suoi interessi spirituali ed eterni: è un pessimo mercante.

Il terzo motivo del rifiuto è la moglie. Nel versetto 26 di questo stesso capitolo leggiamo: "Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo". Il coniuge non deve essere un impedimento nel rispondere all'invito del Padre. Quando il coniuge diventa un piacere della vita, soffoca la parola di Dio nel cuore (cfr Lc 8,14). E mentre gli altri, sopra nominati, si scusano declinando l'invito, quest'ultimo non ne sente affatto il bisogno: è tanto naturale che la moglie sia una scusa più che sufficiente per rifiutare l'invito di Dio! Perché, in definitiva, il possesso, il commercio e la moglie sono più importanti di Dio.

Due gruppi di persone sono condotte alla cena e prendono il posto di coloro che erano stati invitati per primi e hanno rifiutato. Si tratta proprio di coloro che la dottrina farisaica escludeva dal regno di Dio: i poveri (zoppi, storpi e ciechi) e i pagani. Del tutto diverso è il parere di Gesù. E' precisamente ai poveri e ai pagani che egli spalanca la via che conduce alla cena del regno di Dio. Gesù trova in essi le condizioni da lui proclamate come fondamentali per potervi essere ammessi.

Gesù ci insegna che tutti quelli che credono di salvarsi con i loro mezzi e le loro osservanze, cioè tutti i farisei di tutti i tempi, resteranno fuori dalla sala della cena del Padre, fino a quando non si metteranno tra gli ultimi e gli esclusi.


P. Iosif



venerdì 6 dicembre 2013

Credo

CREDO DI ST. JAQUES

Credo in un solo Dio che è padre
fonte sorgiva di ogni vita, di ogni bellezza, di
ogni bontà.
Da Lui vengono e a Lui si elevano tutte le cose.

Credo in Gesù Cristo, figlio di Dio e figlio
dell'uomo,
immagine visibile e trasparente dell'invisibile
volto di Dio, immagine alta e pura del volto dell'uomo
così come lo ha sognato il cuore di Dio.

Credo nello Spirito Santo,
che vive ed opera nelle profondità del nostro
cuore, per trasformarci tutti ad immagine di Cristo.

Credo che da questa fede fluiscono
la comunione dei santi e delle cose sante, che
è la chiesa,
la buona novella del perdono dei peccati,
la speranza della risurrezione, che ci dona la
certezza
che nulla va perduto della nostra vita:
nessun frammento di bontà e di bellezza,
nessun sacrificio per quanto nascosto ed
ignorato,
nessuna lacrima e nessuna amicizia.
Amen!

don Michele Do