sabato 19 luglio 2014

DOMENICA VI-A DOPO LA PENTECOSTE (20.07.2014)

 Dal Vangelo secondo Matteo 9,1-8:   "Salito su una barca, Gesù passò all'altra riva e giunse nella sua città. Ed ecco, gli portarono un paralitico steso su un letto. Gesù, vista la loro fede, disse al paralitico: «Coraggio, figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati». Allora alcuni scribi cominciarono a pensare: «Costui bestemmia».Ma Gesù, conoscendo i loro pensieri, disse: «Perché mai pensate cose malvagie nel vostro cuore? Che cosa dunque è più facile, dire: Ti sono rimessi i peccati, o dire: Alzati e cammina? Ora, perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere in terra di rimettere i peccati: alzati, disse allora il paralitico, prendi il tuo letto e và a casa tua».Ed egli si alzò e andò a casa sua. A quella vista, la folla fu presa da timore e rese gloria a Dio che aveva dato un tale potere agli uomini".

  Commento
      
      Anche noi siamo stupiti e spaventati: Dio dona agli uomini il potere di perdonare i peccati. Ci spaventa questa idea: forse è più rassicurante farci perdonare da Dio che non vediamo e di cui non sentiamo la voce, piuttosto che da un prete peccatore come noi che, se illuminato dallo Spirito, magari qualche indicazione ce la dà, anche se brusca! Spaventa questo dono... Per chi lo deve gestire, perché lo obbliga ad essere servo del perdono e non despota, perché lo spinge ad essere accogliente verso chi desidera il perdono, e non giudice malevolo. E per chi lo vuole ricevere, perché deve accettare la sconcertante logica dell'incarnazione che ci obbliga a credere che un uomo peccatore come noi può ricevere e donare lo straordinario dono del perdono... Grande Gesù che ci mostra come il perdono ci toglie dalla paralisi e dalla paura e ci permette di tornare a camminare e sperare, a correre e a saltare! Non c'è alcun peccato che ci possa allontanare definitivamente da Dio. Non c'è nessuna ombra che ci possa paralizzare al punto da non essere sanati!

  Don Paolo Curtaz

sabato 5 luglio 2014

VANGELO DELLA DOMENICA ( LA 4-A DOPO LA PENTECOSTE - 06.07.2014)

Dal Vangelo secondo Matteo:

Guarigione del servo del centurione

Entrato in Cafarnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava: «Signore, il mio servo giace in casa paralizzato e soffre terribilmente». Gesù gli rispose: «Io verrò e lo curerò». Ma il centurione riprese: «Signore, io non son degno che tu entri sotto il mio tetto, dì soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Perché anch'io, che sono un subalterno, ho soldati sotto di me e dico a uno: Va', ed egli va; e a un altro; Vieni, ed egli viene, e al mio servo: Fa' questo, ed egli lo fa».
     All'udire ciò, Gesù ne fu ammirato e disse a quelli che lo seguivano: «In verità vi dico, presso nessuno in Israele ho trovato una fede così grande. Ora vi dico che molti verranno dall'oriente e dall'occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli, mentre i figli del regno saranno cacciati fuori nelle tenebre, ove sarà pianto e stridore di denti». E Gesù disse al centurione: «Và, e sia fatto secondo la tua fede». In quell'istante il servo guarì.
 
  Commento
 
     Ci sono in questo racconto del Vangelo tre personaggi ed un gruppo di spettatori. Questi ultimi naturalmente sono i discepoli, coloro che seguivano Gesù e ricevevano già da un po' di tempo i suoi insegnamenti, quelli che erano stati scelti dal Maestro ed avevano iniziato ad accompagnarlo in una vicenda dai contorni non ancora ben definiti, e il giorno precedente avevano ascoltato la sua forte predicazione sulla montagna della Galilea. Prima di raggiungere il villaggio di Capernaum avevano assistito senza commentare alla guarigione di un lebbroso incontrato lungo il cammino.
Uno dei personaggi del racconto è presente a distanza, si parla di lui ma non c'è, però le notizie che ne vengono date ci dicono che è un servo, forse uno schiavo, in termini militari un attendente, è molto giovane e fa parte della famiglia allargata del centurione. Ci viene detto che è gravemente ammalato. Ma è un uomo anche molto apprezzato, addirittura amato dal suo superiore, che mette in campo tutte le risorse di cui dispone per vederlo guarito. Ed infatti proprio perché ha qualcuno che lo ama profondamente, senza pregiudizi, senza interessi di alcun tipo, ricupererà una vita degna di essere vissuta. Quante volte questo miracolo, che è al di là della guarigione vera e propria, si verifica anche oggi quando l'amore che si riceve è assoluto!
Il secondo personaggio è il centurione, un comandante militare a quanto pare molto retto e attento anche ai bisogni ed ai problemi dei suoi sottoposti. Un uomo giusto, dunque, che considera un dovere l'obbedienza alle regole ed ai principi, non solo quelli del servizio militare ma anche a quelle della lealtà tra persone, anche quando non sono dello stesso rango. E' una persona abituata ad obbedire e si aspetta anche obbedienza e rispetto, conosce le regole dei rapporti umani, e, quando capisce di aver bisogno di un guaritore lo va a cercare personalmente, si mette in azione. Davanti a Gesù si comporta come chi sa di essere in presenza di qualcuno che nella circostanza ha un potere in più, straordinario, quello di risolvere la sua angoscia e rispondere alle sue attese. E la sua aspettativa è talmente forte che assume la connotazione di fede, qualcosa in più della fiducia, tanto che sa di poter vedere il suo servitore guarito anche se chi opererà la guarigione non andrà di persona a casa sua. Quel "non sono degno!" non è semplicemente un'ammissione di debolezza o di impotenza, è anche il riconoscimento di un'autorità che supera la sua concezione di autorità, infatti non parla a Gesù orinandogli di guarire il servo! Il centurione è consapevole del fatto che quel Gesù che è andato a cercare ha autorità sulla malattia, sul male, su ciò che un esercito non può sconfiggere. E la sua intercessione è l'espressione di una speranza, di una fiducia assolutamente umana fondata però su qualcuno che è superiore. Ed il fatto che questo centurione non sia giudeo, ma sia pagano, straniero appartenente alla forza di occupazione del paese, lo connota come qualcuno che riconosce di aver bisogno dell'altro, di qualcuno che pur essendogli diverso ha qualcosa da insegnargli e da dargli. Certo è che questo centurione non può definirsi un "credente" secondo la nostra accezione, è piuttosto, come qualcuno ha suggerito, un "diversamente credente", uno di quelli che sono visti con qualche sospetto dalle istituzioni religiose, uno di quelli che credono a loro modo, che non stanno facilmente nei modelli precostituiti da chi fa della religione o della fede una questione di appartenenza o di ortodossia. Ci sono molti motivi perché quest'uomo sia all'esterno di ciò che "va bene". Eppure va da Gesù, eppure ama il suo prossimo, il suo vicino, ma non usa il suo ruolo per partire da una posizione di forza. E' così che la grazia lo tocca, lo raggiunge e la sua vita è trasformata nell'incontro risolutivo con Gesù.
Gesù è il terzo personaggio. Non è proprio necessario descriverlo qui tra noi oggi, lo conosciamo bene anche se davanti a lui non riusciamo sempre a dirgli "Non sono degno"! Lo conosciamo bene ed infatti crediamo di avere le carte in regole per stare davanti a lui con tutte le nostre pretese e le nostre identità diversificate. Da lui ci aspettiamo giustizia, la nostra giustizia, ci aspettiamo guarigione, ci aspettiamo pace nel mondo lasciando a lui solo tutta la responsabilità e affaccendandoci in altre cose affatto pacifiche affatto necessarie nel frattempo. Per esempio dividendo il mondo in buoni e cattivi, in neri e bianchi, in poveri e ricchi, in cristiani e appartenenti ad altre religioni molto scomode soprattutto se si mostrano troppo fino a costruire edifici per la preghiera! Stupendoci poi se le tensioni si sviluppano in modo perverso, qui da noi come in ogni continente, sfociando anche in guerre che dimentichiamo presto.
Dal Gesù che conosciamo bene, magari fin dall'infanzia, oggi, a partire da questo esemplare racconto evangelico, noi ci sentiamo spiazzati, ci sentiamo anche provocati. Come ci spiazzano altri gesti di Gesù, o altre predicazioni, per esempio la parabola del buon samaritano! Per cominciare Gesù è sorpreso dalle parole e dall'atteggiamento del centurione, ne è meravigliato, dice il testo. E questa ammirazione Gesù la condivide con i suoi discepoli: guardate che non ho mai visto una fede così grande tra di voi, in Israele.
Ci sorprende questa considerazione di Gesù: ma come, questo non è un pagano? non è uno straniero? La vera e grande fede non è forse quella di chi va regolarmente in chiesa e non ha mai fatto male neanche ad una mosca?
Ma Gesù va anche al di là e dice addirittura che nel regno dei cieli entreranno molti che a viste umane non ne avrebbero il diritto e molti di quelli che invece pensano di avere le carte in regola rimarranno fuori, nell'oscurità, non saranno associati al mondo di luce che è annunciato ai salvati!
Questo, fratelli e sorelle è un boccone che rischia di andarci per traverso a meno che prendiamo sul serio il discorso sulla fede.
Che cos'è la fede? Ecco il problema. Quali sono le caratteristiche di una fede cristiana fondata veramente sulla Parola di Dio? E poi quale è il rapporto, se c'è, tra la fede del centurione e la nostra? Quale è il traguardo verso il quale ci porta un cammino di fede?
La risposte a queste domande sono naturalmente molteplici. Ma a partire da questo racconto è forse possibile intravedere qualche risposta. Naturalmente la fede, come la grazia, è un dono di Dio e come tale va vissuta. Non come un diritto a chissà quale privilegio, ma come un dono gratuito che viene da un donatore i cui contorni rimangono in parte misteriosi, ma che, nonostante questo, porge la possibilità di scorgere i punti luminosi dell'esistenza su questa terra. La fede è data per vedere meglio i contorni della nostra esistenza e per scorgere al suo interno le opere di Dio per noi, per il nostro bene.
E poi la fede è ciò che ti mette in movimento, ti fa agire, non ti permette di stare a guardare il cielo attendendo che tutto venga da lì, ma è ciò che ti fa capire che davanti a certe cose non basta l'autorità, il comandare, l'esigere che altri facciano ciò che innanzi tutto tu puoi fare secondo le tue possibilità e i tuoi doni. La fede ti insegna che è necessario muoversi, andare verso l'altro e soprattutto non chiudere le porte quando l'altro viene verso di te. Perché come la grazia ha toccato il centurione e lo ha portato verso chi lo ha salvato, così può succedere anche a te. Ed è così che puoi scoprire che la salvezza è offerta, è messa a disposizione di tutti, e non ci sono carte di identità né certificati di denominazione di origine controllata (DOC) che contino più di tanto. Purtroppo spesso dimentichiamo che non siamo chiamati ad essere interpreti di una cultura religiosa odi un'altra ma ad essere testimoni dell'Evangelo della grazia di Dio donata a tutti. L'atteggiamento di stupore e di meraviglia di Gesù quando riceve il centurione nella casa di Capernaum deve essere anche il nostro quando riceviamo la richiesta di condividere pienamente la confessione di fede di fratelli e sorelle in fede che per qualche motivo ci fanno temere che la chiesa, la NOSTRA!, cambi da com'era una volta e vada in direzioni inesplorate e tali da creare ansietà e diffidenza diffuse.
Come Gesù ha accolto chi lo ha cercato ed ha risposto alle domande di chi gli ha chiesto aiuto e guarigione, così la sua chiesa nel mondo deve tenere le sue porte aperte  perché, appunto, davanti a Gesù non esistono né servi né centurioni, né credenti doc né credenti diversi, esistono soltanto esseri umani diversi tra loro, la cui vocazione è di trovare nel Signore il senso profondo della loro vita su questa terra.